Metacognizione ed empatia: la strada per essere comunità

Metacognizione ed empatia: la strada per essere comunità

Empatia e metacognizione

Il sorriso felice di una ragazzina per essere stata trattata da persona “normale”. La spontaneità e l’empatia di un ragazzino che fa la corte a una sua coetanea fino a quando non si accorge che è su una sedia a rotelle… della Lazio. Lui, un romanista sfegatato.
Sta tutto nel meraviglioso sorriso di chi è stato discriminato per la fede calcistica e non per avere una disabilità, il significato profondo di “Due piedi sinistri”, cortometraggio pluripremiato di una regista italiana, Isabella Salvetti.
E’ un corto di sei minuti che tutti noi dovremmo vedere, che andrebbe fatto conoscere agli studenti, perché ci dice tantissimo sulla società di oggi, su come ci approcciamo agli altri, su un valore fondamentale ma troppo spesso difficile da trovare, soprattutto nei giovani: l’empatia.

Cosa intendiamo per empatia?

L’empatia è senza dubbio uno dei più importanti anticorpi per un vivere civile e senza discriminazioni; per una società fatta da giovani in grado di sviluppare quell’intelligenza emotiva fondamentale per accogliere l’altro, ascoltarlo, sentirne i bisogni. In due parole: per essere comunità.
Essere comunità è un concetto che deve partire senza alcun dubbio dalla scuola.

Imparare l’empatia a scuola

Lo scambio al quale assistiamo nel corto “Due piedi sinistri”, quello sguardo semplice ma al tempo stesso profondo che manca a tanti adulti, va costruito nel corso degli anni.
Per farlo, però, c’è bisogno di una scuola e di docenti che sappiano avvolgere gli studenti, guidarli passo dopo passo non solo nella formazione personale ma soprattutto nella costruzione di un percorso lungo il quale i giovani possano crescere sotto il profilo dell’emotività, dell’essere persona in mezzo agli altri, dell’essere capaci di provare empatia.
Una scuola, in altre parole, in grado di insegnare non solo le nozioni didattiche ma di generare quell’intelligenza e quel senso di responsabilità che rappresentano un potente antidoto a una società narcisista.

La metacognizione

I fratelli D.W. Johnson e R.T. Johnson scrivevano che “costruirsi scuola, comunità educante, significa vivere un’autentica interdipendenza positiva e quindi mettere in gioco una responsabilità personale condivisa”. Per i due studiosi dell’approccio cooperativo del Learning together, “questi elementi diventano essenziali per una dimensione partecipativa che all’interno della scuola dovrebbe coinvolgere ogni sfera, da quella organizzativa a quella educativa, a quella didattica”.
In questo percorso così importante per costruire una società che non sia narcisista, diventa cruciale il concetto di metacognizione. Attraverso di essa si stimolano i ragazzi a controllare come lavora la mente, si spingono gli studenti a riflettere su quello che stanno facendo, a porsi domande. Ma ancora di più, si rendono i ragazzi consapevoli delle persone che gli stanno attorno, di quali possono essere i bisogni degli altri, dell’importanza fondamentale che riveste la capacità di ascoltare e di provare, appunto, empatia.
E’ questo il salto in avanti chiesto oggi al mondo dell’istruzione perché sia in grado di evitare che nei ragazzi si sviluppino deficit a livello affettivo e sociale, una ridotta comprensione dell’altro o l’incapacità di contestualizzare quello che accade nella vita di tutti i giorni.
Mi piace ricordare, in questo contesto, le parole del pedagogista Alain Goussot che spiegava come la scuola sia “un luogo vitale per misurare la capacità di una comunità di creare l’accoglienza delle differenze in una prospettiva dialogante e inclusiva… L’inclusione è incontro con l’altro, produttore di conoscenze e saperi, momento di crescita individuale e collettiva”.
In questo contesto, è chiaro che anche gli insegnanti rivestano un ruolo imprescindibile per crescere giovani equilibrati ed empatici. La formazione dei docenti diventa pertanto un punto nodale perché è indispensabile che l’apprendimento di bambini e ragazzi non sia slegato totalmente dalla realtà ma includa, invece, le emozioni positive come quelle negative. Un apprendimento, insomma, fortemente ancorato alla realtà.

La crescita emotiva per imparare l’empatia  

E’ un percorso senza dubbio lungo ma c’è un aspetto che ci viene in soccorso: le emozioni.
La crescita empatica dei nostri ragazzi ha il suo punto di partenza nella crescita emotiva per questo il primo passo da compiere è parlare loro delle emozioni. Insegnargli a riconoscerle, a dar loro un nome, perché no anche un volto. A dialogare con esse. Una società capace di parlare di emozioni ai bambini e ai ragazzi è una società che sta costruendo nuove generazioni in grado di essere persona in mezzo agli altri.
Parlare di emozioni, per insegnare a costruire legami, a tendere una mano, a porsi in ascolto.

Guarda il cortometraggio: https://www.youtube.com/watch?v=Slv8Wrnv7KY

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