Una dea danzante, silenziosa, con l’obiettivo di mettere in risalto l’invito di Aristofane a recuperare la capacità di ascolto degli altri, a rinunciare a una parte di noi stessi per incontrare l’altro.
E’ da uno dei temi più profondi della commedia La Pace di Aristofane che partiamo per parlare dell’importanza dell’ascoltare, della cultura del dialogo, della capacità di mettersi nei panni degli altri.
Il teatro ci insegna l’arte dell’ascoltare
Lo spettacolo messo in scena al Teatro Greco di Siracusa ha certamente nella lotta per riportare la pace sulla Terra il suo tema centrale, e purtroppo anche di grande attualità guardando a quanto accade in molte parti del mondo. Ma non c’è dubbio che altrettanto attuale è il tema legato all’ascolto.
Nella messinscena diretta da Daniele Salvo, quando i contadini guidati dal protagonista dell’opera, Trigeo, riescono finalmente a liberare La Pace, la Dea esce dalla grotta in cui era stata rinchiusa insieme ad altre due dee, Opora (dea del raccolto) e Theoria (dea della festa).
La Pace appare in scena con una maschera sul viso, non parla, ma danza in maniera leggiadra sul palco. Un modo come abbiamo visto per enfatizzare l’invito di Aristofane a recuperare una profonda dimensione dell’ascolto.
Nello spettacolo, infatti, è anche e soprattutto per questa totale incapacità di ascoltare l’altro, ascoltarlo per davvero, che si è persa la cultura della pace. E forse, pensandoci bene, a distanza di secoli dal testo scritto da Aristofane, le cose purtroppo non sono cambiate.
Sappiamo ascoltare?
Goethe diceva che “Parlare è un bisogno, ascoltare è un arte” ma nella società di oggi siamo realmente capaci di ascoltare l’altro. Riusciamo a metterci nei panni del nostro interlocutore, ad accoglierlo e a promuovere col nostro esempio una cultura del dialogo e del confronto?
La società di oggi, purtroppo, è molto spesso pervasa da un senso di narcisismo che ci porta esattamente nella direzione opposta a quella dell’ascolto dell’altro. Viviamo in contesti e in un mondo che spinge tante persone a guardare solo a se stesse, ai propri bisogni, ad ascoltare in maniera superficiale l’altro, spesso a non ascoltarlo per nulla.
Il “prestare orecchio” è qualcosa di troppo spesso sconosciuto nella società in cui viviamo e tutto questo è strettamente collegato alla mancanza di empatia che si riscontra in tante persone, così come nei giovani.
Possiamo imparare ad ascoltare?
E allora, imparare ad ascoltare, è certamente il primo passo per migliorare noi stessi, per apprendere il dono dell’empatia. Non c’è dubbio che ascoltare, sentire l’altro e prestargli tutta la nostra attenzione, richieda uno sforzo.
Entrare in empatia con l’altro significa mettere da parte il nostro ego, fare un passo verso il nostro interlocutore e sentire non solo le parole che pronuncia ma anche le emozioni, le sue paure, i suoi pensieri.
Significa modificare totalmente il nostro punto di vista, cercare di non guardare alle cose con i nostri occhi ma con quelli dell’altro.
Ascoltare ed empatia
Ascoltare significa essere presenti, ci porta a instaurare un rapporto di fiducia con gli altri, ad accoglierli. Questo non vuole certo dire che “prestare orecchio” al nostro interlocutore, essere in empatia con lui, significhi restare in silenzio e lasciarsi investire passivamente da tutto ciò che ci dice.
Vuol dire, invece, essere disponibili, pronti a esprimere la nostra opinione, ad avviare appunto un dialogo, un confronto, costruire insieme un ponte dove il singolo vede solo un corso d’acqua invalicabile.
Nel volume “L’arte perduta di ascoltare”, edito da Positive Press, Michael P. Nichols, docente di Psicologia al College of William and Mary sottolinea proprio questo aspetto quando scrive che l’ascolto “fortifica anche la nostra autoconsapevolezza” perché “in presenza di un ascoltatore ricettivo siamo in grado di chiarire ciò che pensiamo e scoprire ciò che sentiamo”.
Il risultato, sempre secondo Michael P. Nichols è che “raccontando la nostra esperienza a qualcuno che ascolta, siamo in grado di ascoltare meglio noi stessi”.
Il desidero di essere accolti
C’è poi un ultimo aspetto da sottolineare: la dimensione dell’essere capiti. Essere accolti dall’altro va incontro a un desiderio che fa parte dell’animo umano ed è appunto quello di essere compresi, capiti, avere qualcuno che ci tende la mano e dia valore alle nostre emozioni, alle nostre idee.
E’ questo un altro aspetto profondamente legato all’assenza di empatia nella società moderna.
L’empatia è senza dubbio l’essenza della capacità di ascolto. In un bellissimo libro, “Intelligenza emotiva”, lo psicologo e scrittore Daniel Goleman ribadisce come “impariamo ad ascoltare se sappiamo afferrare in pieno quanto l’altra sta dicendo, manifestando di averlo compreso con riformulazioni, se riusciamo a sottolineare gli aspetti più salienti e significativi e rispettiamo le pause dell’altro, se nell’ascolto riusciamo a essere noi stessi”.
E allora tanto in una commedia come quella di Aristofane, dove con il sorriso si afferma la necessità di perseguire la pace con il nostro esempio (nel caso dello spettacolo con quello dei contadini dell’Attica), quanto nella nostra vita tutto ci ricorda l’importanza del saper ascoltare.
Sta a noi scegliere da che parte stare, verso quale direzione vogliamo produrre i nostri sforzi; se concorrere o meno a una cultura del dialogo, in grado di far crescere noi e la società o se chiuderci a riccio e pensare solo a noi stessi e ai nostri bisogni contribuendo in questo caso ad aumentare quel narcisismo che domina la nostra società.
Il racconto della Pace del regista Daniele Salvo https://www.youtube.com/watch?v=12fgMG0x2sU
Per ulteriori informazioni sull’imparare ad ascoltare http://www.irenemessina.it