“Il lavoro è la sfida del nostro tempo e sarà ancora di più la sfida del domani”. Le parole di Papa Francesco risuonano ancora più forti quando si pensa al burnout; a quel momento in cui recarsi sul proprio posto di lavoro, svolgere le proprie mansioni diventa una scalata più dura che arrivare in vetta all’Everest. Quando parliamo di burnout, infatti, parliamo di un esaurimento da lavoro che ha degli effetti spesso devastanti sulla salute fisica e psichica di una persona. Tornando alle parole del Pontefice, il lavoro oggi è senza dubbio una sfida e lo è per le condizioni che si sono create negli ultimi decenni, con impieghi sempre più precari, frustranti, troppo spesso incapaci di generare soddisfazione nel lavoratore stesso.
Le alte aspettative, i ritmi sempre più serrati, condizioni socio-economiche che spesso sono tutt’altro che soddisfacenti hanno contribuito e contribuiscono ancora a incrementare il numero di chi soffre di questa sindrome. Secondo uno studio del 2022, il 60% dei lavoratori italiani prova un sentimento di mediocrità e insoddisfazione quando pensa alla propria occupazione mentre in Europa è il 46% dei lavoratori che si sente esposto a un sovraccarico di lavoro vivendo nella costante paura di non avere abbastanza tempo per svolgere le proprie mansioni.
Cos’è il burnout
Di fatto, il burnout è una sindrome che sorge come risposta a una condizione di stress emotivo cronico. E’ uno stato caratterizzato da un esaurimento non solo fisico ma anche emotivo che poi scaturisce in una produttività ridotta ma anche nel percepire come insignificante il proprio operato. Sempre secondo studi, i più colpiti da questa sindrome sono coloro che svolgono professioni di aiuto come possono essere i medici o gli infermieri (pensiamo solamente a cosa possono aver vissuto durante la pandemia) ma anche poliziotti, vigili del fuoco solo per citare alcune categorie. Il burnout infatti può insorgere in tutte quelle professioni che pongono la persona davanti a mille impegni, mille cose da fare e il difficile equilibrio da mantenere tra lavoro e famiglia. Non è un caso, da questo punto di vista che sono le donne a essere più esposte alla possibilità di finire inghiottite dal burnout.
Una cultura tossica
Il dover produrre continuamente, la spinta a lavorare sempre di più, per un numero sempre maggiore di ore, hanno di fatto contribuito alla creazione di una cultura del lavoro tossica che porta tantissime persone a mettere da parte la propria vita privata e il proprio tempo libero per rincorrere gli impegni di un lavoro instabile, con uno stipendio spesso più basso rispetto alle proprie competenze.
Quali sono i sintomi?
Ci sono dei segnali di allarme che possono farci capire di essere vicini a un esaurimento da lavoro? La risposta è sì. Il burnout infatti non è una sindrome che si manifesta improvvisamente, da un momento all’altro; è un percorso graduale che porta la persona ad accumulare tensione, stress, nervoso, insoddisfazione. Tra i segnali di questo malessere possiamo certamente registrare:
- la sensazione di non riuscire ad essere produttivi e a dare il meglio di sé;
- sentirsi privi di forza, prosciugati mentalmente e fisicamente;
- avere disturbi nel ritmo sonno-veglia
- avere una costante sensazione di essere sottovalutati e non considerati da colleghi e capi
Quali sono gli effetti del burnout sull’organismo?
L’esaurimento da lavoro è un percorso graduale ma quando una persona arriva a quello stato, le conseguenze sul fisico e la mente sono profonde. Il burnout si manifesta spesso in vari modi, ne citiamo qui qualcuno:
- demotivazione e mancanza di iniziativa;
- difficoltà di concentrazione;
- frustrazione;
- distacco emotivo che spesso porta a un rifiuto del pensiero di recarsi al lavoro;
- bassa autostima;
- irritabilità, agitazione, rabbia;
- mancanza di attenzione e creatività;
- insonnia, stanchezza, inappetenze;
- mal di schiena.
Cosa possiamo fare?
Nelle sue parole, Papa Francesco parla della necessità di creare “lavoro, buon lavoro, per tutti”. Per una persona affetta da burnout non c’è dubbio che il lavoro è tutto tranne che buono. Questo però non vuol dire che non si possa fare nulla per sovvertire questa tendenza e imparare a gestire il nostro rapporto con il lavoro stesso.
Tutto parte da una sincera analisi di noi stessa, dalla consapevolezza di aver bisogno di un aiuto e di aver perso in qualche modo il controllo della nostra gestione del lavoro stesso. Diventa fondamentale anche analizzare il contesto sociale, privato e familiare perché, come si è visto, spesso il burnout insorge quando i mille impegni da affrontare, questa scalata così ripida, trova ulteriori ostacoli nella gestione dei tanti impegni legati alle proprie famiglie.
Cosa dobbiamo fare? L’obiettivo è cambiare il nostro atteggiamento, il nostro sentire e la nostra percezione rispetto al lavoro. E’ un percorso importante di cambiamento che deve prima di tutto portare la persona a gestire questo esaurimento.
Come farlo? Aiutando la persona affetta da burnout prima di tutto a ridurre le difficoltà che ha nella sfera sociale ed emotiva; poi lavorando insieme per la creazione di un nuovo equilibrio in grado di consentire alla persona di lavorare in maniera serena senza lasciarsi schiacciare dallo stress e dalle aspettative. Con l’aiuto di un esperto si possono mettere in atto anche una serie di azioni per prevenire il burnout come darsi degli obiettivi ragionevoli, condurre uno stile di vita sano rispettando soprattutto le esigenze del proprio corpo, a cominciare dal riposo notturno.
Sono piccoli passi che richiedono certamente tempo ma che possono essere fondamentali per affrontare e lasciarci alle spalle una condizione di burnout. E probabilmente, il primo passo è ricordarci di un concetto espresso magistralmente da Stig Dagerman, uno scrittore svedese che nel 1952 scrisse come sia “privo di senso affermare che l’uomo esiste per qualcosa che non sia il vivere… l’essenziale è che faccia quello che fa mantenendo la propria libertà e con la chiara coscienza di avere in sé il proprio fine”.
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